Freud oggi troverebbe pane per i suoi denti realizzando compendi non più legati a singoli casi per determinare la complessità della natura umana, ma per analizzare fenomeni che sono diventati “di massa”: Internet si sta evolvendo come un sistema in un certo senso intelligente e l’umanità invece che possederlo lo subisce.

Le chat degli anni ’90

Era il lontano 1999 quando una cliente, che aveva acquistato una connessione analogica da 360.000 lire all’anno al nostro pop, veniva nel nostro ufficio di Bovolone per chiedere una consulenza legata alla chat. In sostanza chiedeva come non farsi bannare, quali erano le logiche della comunicazione a faccine, i termini tipici (tipo rotfl) e la procedura per accedere al giusto canale attraverso il programma Mirc. Erano lontani i tempi di Whatsaap e di Snapchat ma il desiderio di comunicare e di conoscere altre persone era ugualmente forte. Completai la mia consulenza ignorando da lì a pochi mesi la giovane donna, maritata da diversi anni, avrebbe lasciato il tetto coniugale per unirsi all’uomo conosciuto in chat. Colpa di Internet e delle chat? Non credo proprio!

Ci vòl vendar, mete in mostra

Ma oggi stiamo raggiungendo davvero l’apoteosi della stupidità cercando di applicare nel modo più sbagliato ciò che un vecchio proverbio veronese già spiegava nei secoli scorsi: “Ci vòl vendar, mete in mostra”.  Solamente che nel caso dei social pubblichiamo solamente una parte di noi. Ma attenzione, non quella migliore di noi stessi, ma quella che noi pensiamo sia la migliore agli occhi degli altri. Freud c’avrebbe sguazzato alla grande. Guardatevi questo simpatico trailer.